Saper fotografare

06 maggio 2020 - Saper fotografare - Commenti -

Fotografia

La parola "foto" deriva dal greco phos, che significa luce; la parola "grafico" deriva da graphos che significa scrittura. Le prime fotografie della storia furono inventate, appunto, per scrivere con la luce.

Il processo consiste nel catturare la luce con un mezzo fisico come la pellicola, o attraverso mezzi elettronici come un microchip, al fine di creare un'immagine che possa essere archiviata, condivisa o riprodotta.

L'interazione fra luce e materia sensibile è possibile conseguirla attraverso una lente ― composta da diversi elementi di vetro disposti in modo specifico ―, che proietta la luce su un piano focale in tal misura da ottenere un'immagine nitida tramite il proprio mezzo di cattura, nel nostro caso i pixel del sensore.

Esposizione

Con "esposizione" si intende la quantità di luce che colpisce in un determinato spazio temporale il materiale impressionabile, nel nostro caso il sensore.

Il tempo di esposizione, noto anche come velocità di scatto, indica il lasso di tempo in cui teniamo aperto l'otturatore permettendo alla luce di attraversare il sistema ottico.

Una fotografia viene definita sovraesposta quando l'esposizione ottenuta comporta una perdita di dettaglio nelle alte luci dovuta alla troppa illuminazione che raggiunge il sensore. In gergo si dice che la foto è "bruciata".

Al contrario, una fotografia è sottoesposta quando la luce che raggiunge il sensore non è sufficiente, con le ombre che si chiudono completamente perdendo ogni dettaglio.

L'esposizione è regolata da due valori principali e reciproci fra loro: il diaframma e il tempo di esposizione. Per reciprocità si intende la relazione che intercorre fra questi due valori.

Se per motivi creativi apro il diaframma di due stop, per mantenere una corretta esposizione devo contestualmente diminuire della stessa entità il tempo di esposizione. Tale reciprocità definisce le coppie tempo/diaframma, ossia insiemi di valori che, a parità di condizioni, assicurano la medesima esposizione.

Fotografare un paesaggio a mezzogiorno con diaframma f/8 e un tempo di esposizione di 1/250, equivale ad avere la stessa foto, con la medesima esposizione, se chiudiamo di uno stop il diaframma a f/11 e allo stesso momento diminuiamo di uno stop il tempo di esposizione a 1/125.

Le coppie tempo/diaframma risultano diverse, ma in ogni caso bilanciate fra loro. Infatti, la quantità di luce che nell'unità di tempo impostata raggiunge il sensore è la medesima in entrambi i casi, di conseguenza anche l'esposizione è la stessa.

Apertura

Con apertura si intende il diametro del foro dell'obiettivo che consente il passaggio alla luce che proietta l'immagine sul sensore. L'ampiezza di questo foro è espressa in diaframmi, ad esempio f/2.8, f/4, f/5.6, f/8 ecc. Più il diaframma è ampio, di minor tempo di esposizione si ha bisogno per scattare una fotografia.

Immaginiamo di dover riempire una vasca da bagno: più sarà ampia l'apertura ― in questo caso il diametro del rubinetto ―, più il flusso d'acqua sarà voluminoso e quindi più velocemente si riempirà la nostra vasca. Si può quindi affermare che sia il tempo, sia la circonferenza del rubinetto interagiscano fra loro affinché il recipiente venga riempito nel modo desiderato.

Ma a questo punto, come si rapportano queste informazioni alla fotografia?

Considerato che ogni recipiente ha una forma e una dimensione propria, e che la stessa viene espressa attraverso il volume che ne determina la sua capacità di contenimento, possiamo tranquillamente affermare che in fotografia la stessa equivalga alla capacità del sensore di immagazzinare luce. E questa unità è definita con il termine ISO.

Pertanto, se rapportiamo il tutto alla fotografia, il diametro è un elemento che consente di stabilire la quantità di luce che passa attraverso l'obiettivo. Il tempo è un'unità di misura che ne determina la durata, mentre gli ISO definiscono la capacità di un sistema di immagazzinarla.

Una grande apertura riempirà il nostro contenitore in meno tempo, mentre una più stretta impiegherà più tempo, e fin qui ci siamo.

Ma, restando invariato il tempo e cambiando il contenitore, dovremo per forza modificare il diaframma, giusto?

Se il tempo resta invariato e cambiano le dimensioni del recipiente, deve cambiare di conseguenza anche il diaframma.

L'esposizione è un equilibrio di valori tra tempo, quantità e capacità, variando uno degli elementi sarà necessario modificarne almeno un altro per compensare eventuali errori, altrimenti vi troverete con una vasca vuota o il bagno semi allagato, che corrisponderebbe, a una fotografia troppo chiara (sovraesposta), o una troppo scura (sottoesposta).

A questo punto l'idraulico potrebbe puntualizzare che andrebbe verificata anche la pressione dell'acqua. Se cambia occorre di conseguenza modificare anche il tempo necessario per riempire la vasca?

In effetti la luce non è sempre la stessa, cambia di intensità, e mutando la sua forza ovviamente riempirà il nostro contenitore in tempi differenti. È quindi indispensabile tener conto della quantità di luce che arriva al nostro sistema ottico e di conseguenza al sensore/pellicola. Ovvero il valore della luce. (LV = ligh value = valore di luce)

Con poca luce, pur aprendo molto il diaframma, per raggiungere una corretta esposizione si dovrà attendere molto tempo, mentre con tanta luce, aprendo allo stesso modo il diaframma, dovrò attendere molto meno tempo e quindi impostare un rapido tempo d'esposizione.

Proprio come nel caso della vasca da bagno presa a esempio, anche l'obiettivo della nostra fotocamera, quando dotato di un'ampia apertura, riceverà un maggior flusso di luce rispetto a un obiettivo con una piccola apertura.

Per conoscere qual è l'apertura più ambia del tuo obiettivo, guarda sul barilotto dello stesso. Troverai delle indicazioni tipo f/3.5 oppure 1:2.8. Non lasciarti però ingannare dai numeri utilizzati per misurare le aperture. Contrariamente a quanto si possa pensare, infatti, a valore numerico inferiore corrisponde un'apertura maggiore. Con un valore di f/1.8 ci riferiamo a un diaframma aperto, con un valore di f/22 ci riferiamo invece a un diaframma chiuso.

Se poi possiedi un obiettivo con valori multipli tipo un 18-55mm f/4-5.6, significa che l'apertura massima possibile quando lo zoom è tutto aperto − nel caso tu voglia fotografare un paesaggio (in questo caso a 18mm) −, avrà un valore di f/4; mentre invece se utilizzi il tuo zoom per avvicinare il soggetto (nel caso del nostro esempio a 55mm), avrai un'apertura di f/5.6. Di conseguenza dovrai aumentare il tempo di esposizione, poiché il diaframma si restringe.

Regolando l'apertura del diaframma sarai tu a definire la quantità di luce necessaria per disegnare la tua foto. Se scatti in pieno giorno con il sole a perpendicolo, dovrai chiudere il diaframma per far passare meno luce se, al contrario, fotografi di notte, dovrai aprire maggiormente il diaframma per farne passare di più.

Ovviamente anche con il tempo di esposizione puoi determinare la quantità di luce da introdurre nell'obiettivo. In pieno giorno ti necessiterà meno tempo di esposizione per imprimere sul sensore la tua immagine che non di notte.

Tempo di esposizione

Il tempo di esposizione si misura in secondi o in frazioni di secondo. Le reflex, ma anche le digitali compatte più avanzate, dànno la possibilità, nei modi di scatto non automatici, di impostare il tempo di esposizione. Si può passare da un tempo di esposizione minimo pari a 1/4000 di secondo dei modelli meno performanti, a 1/8000 in macchine di più alto livello. In entrambi i casi avremo comunque un tempo massimo pari a 30 secondi.

Quando il tempo di esposizione è pari a una frazione di secondo, nel mirino della nostra reflex vedremo visualizzato solamente il valore al denominatore. Quando invece il tempo di esposizione è pari a un secondo o più, nel mirino vedremo visualizzato il valore in secondi seguito da due virgolette (").

1/125s = 125

6s= 6"

Come nel caso dell'apertura, esiste una scala di tempi di esposizione, divisa in stop interi e terzi di stop. Ogni stop intero si ottiene dividendo o moltiplicando per 2 lo stop precedente arrotondato all'intero.

Un sottoinsieme della scala potrebbe essere quindi 1/1000s, 1/500s, 1/250s, 1/125s, 1/60s, 1/30s / 1/15s, 1/8s, 1/4s, 1/2s, 1s, 2s, 4s ecc. Come nell'apertura, anche per il tempo di esposizione le fotocamere digitali sono in grado di calcolare i terzi di stop.

Con il tempo di esposizione è pure possibile, oltre che a determinare la corretta quantità di luce che raggiungerà il sensore, ottenere degli effetti artistici d'impatto.

Quando il soggetto che inquadriamo è fermo, come può esserlo una natura morta o un paesaggio, il tempo di esposizione non influisce in modo significativo sull'esito del nostro scatto. Serve soltanto a bilanciare il quantitativo di luce da introdurre nel nostro obiettivo tenendo conto dell'apertura del diaframma selezionato.

Se, al contrario, utilizziamo tempi di esposizione lunghi per fotografare soggetti in movimento, possiamo ottenere dei risultati più creativi. Le fonti di luce in movimento, tipo i fanali di una macchina, diventano scie luminose e le persone che camminano diventano "fantasmi". Questo effetto lo si ottiene grazie al tempo prolungato nel quale viene registrata sul sensore la nostra scena. Un uso sapiente di questa tecnica permette di creare fotografie di sicuro impatto.

Una lunga esposizione può soccorrerci quando scattiamo un soggetto inanimato e ci sono persone che ci camminano davanti, tipo un monumento in una piazza.

Premesso che, con tempi di esposizione che vanno sotto il trentesimo di secondo è indispensabile utilizzare un treppiede per evitare l'effetto mosso e concessaci l'ipotesi di non veder nessuno soffermarsi davanti all'obiettivo, una quindicina di secondi dovrebbero bastare per registrare il nostro soggetto senza nessuno attorno. Teniamo però presente che quindici secondi sono un tempo decisamente prolungato in fotografia e che la luce che colpirà il nostro sensore in questo lasso di tempo, non utilizzassimo filtri appositi, risulterebbe esagerata tanto da bruciare completamente la nostra immagine.

Con tempi di esposizione pari a 1/1000s o meno, all'opposto, si congela l'azione di soggetti che si muovono rapidamente, come ad esempio negli eventi sportivi, o in avifauna.

Soprattutto nel caso dell'avifauna, per riprendere un uccello in volo, se si vuole ottenere un'immagine nitida, sono necessari tempi di scatto molto rapidi. Il problema maggiore sarà che la quantità di luce che raggiungerà il nostro sensore, anche dopo aver impostato la massima apertura consentita dal nostro otturatore, probabilmente non sarà sufficiente. Risulterà perciò indispensabile, non dovessimo trovarci nella condizione di dover esporre il nostro volatile in un luogo luminoso − ad esempio in un celo terso illuminato dal sole −, aumentare gli ISO.

ISO

Gli ISO indicano la sensibilità del sensore digitale alle fonti luminose. Aumentando il valore ISO, non facciamo altro che diminuire il tempo di esposizione necessario.

Impostando ISO 200, al sensore necessita metà della luce che avrebbe invece bisogno se impostassimo ISO 100 per effettuare una fotografia alle medesime condizioni.

Tuttavia, fotografare ad alti ISO, comporta il rischio di poi ritrovarsi con delle fotografie rovinate dal rumore digitale.

Il concetto di rumore digitale ricalca i principi della granulosità delle vecchie pellicole. L'aumento del valore ISO impostato sulla nostra reflex, infatti, si tramuta sia in un aumento della sensibilità del sensore alla luce (fondamentale per portare a casa scatti in condizioni di luminosità critiche), sia in un aumento del segnale di disturbo generato dalla carica elettrica del fotodiodo.

F-Stop

Fondamentalmente, il numero f-stop o il numero f/ equivale alla misura della quantità di luce che l'obiettivo lascia passare attraverso l'apertura. È definito dividendo la lunghezza focale dell'obiettivo per il diametro dell'apertura.

Piccola apertura

Lente = 100mm

Diametro dell'apertura = 10mm (più è ridotto, meno luce entra)

Il numero f pertanto è f/10

Ampia apertura

Lente = 100mm

Diametro dell'apertura = 50mm (più è grande, più luce entra)

Il numero f pertanto è f/2

Un numero f/ stop basso come f/1.8 sta a significare che stai scattando con un'ampia apertura e di conseguenza molta luce sta impressionando il tuo sensore; se invece scatti con un numero f-stop maggiore, come f/16, stai utilizzando una piccola apertura e molta meno luce colpirà il tuo sensore.

Lenti con valori f-stop ridotti sono particolarmente adatte in situazioni di scarsa illuminazione, hanno inoltre il pregio di rendere maggiormente sfocato lo sfondo in modo da staccare ed evidenziare il soggetto.

Il "Triangolo d'esposizione"

Se, come detto in precedenza, i valori di diaframma e tempo di esposizione sono correlati, stessa cosa vale per gli ISO. In questo modo è possibile combinare questi elementi al fine di ottenere una corretta esposizione nelle più disparate condizioni.

Facciamo un esempio: non avendo la possibilità di aprire maggiormente il diaframma a causa dei limiti imposti dal nostro obiettivo, per poter ottenere un'esposizione corretta, se si vuole mantenere la stessa velocità di scatto, ad esempio per una foto sportiva all'interno di una palestra, sarà indispensabile aumentare gli ISO.

Esposimetro

Si tratta dello strumento che ci aiuta a quantificare la luce e ci suggerisce le adeguate coppie tempo/diaframma.

L'esposimetro è presente all'interno di ogni macchina fotografica, ma ne esistono anche di esterni perlopiù utilizzati da professionisti in shooting svolti all'interno di studi fotografici.

Priorità di apertura

Sulle fotocamere Nikon ruota il selettore su A, per i canonisti e altri in genere su AV. Sarà quindi la fotocamera a impostare il tempo di scatto necessario per ottenere un'immagine correttamente esposta. Assicuratevi di avere impostato su Auto anche gli ISO, altrimenti dovrai impostarli manualmente.

Autofocus Point

I punti di messa a fuoco automatica sono composti da minuscoli quadratini che puoi notare in sovraimpressione all'interno del mirino. Il numero degli stessi varia a seconda del modello della fotocamera utilizzato. Un numero maggiore di quadratini dà maggiore flessibilità rispetto a uno minore, ma in entrambi i casi si possono scattare belle fotografie.

A seconda di ciò che prediligi scattare: ritratti, paesaggi, animali piuttosto che still-life, le possibilità di selezione dei tuoi punti AF possono esserti davvero utili. Puoi decidere di utilizzare tutti i punti AF a tua disposizione, come uno solo. Puoi anche selezionare un gruppo specifico di punti o una zona, un'area di messa a fuoco ben specifica.

Focus del Back-Button

Sulla maggior parte delle fotocamere, se premi il pulsante di scatto a metà corsa, metti a fuoco il soggetto. Se però cerchi una messa a fuoco perfetta in ogni situazione (Street, Wedding, Sport, ma anche Still Life) il Back Button Focus è la via da seguire.

.Modalità Bulb

Questa è un'impostazione utilizzata per lunghe esposizioni. In modalità Bulb, nella fotocamera l'otturatore rimane aperto fino a quando si tiene premuto il pulsante di scatto. Per evitare il micromosso è consigliato l'utilizzo di un telecomando.

Aberrazione cromatica

L'aberrazione cromatica è un difetto nella formazione dell'immagine dovuta al differente valore di rifrazione delle diverse lunghezze d'onda che compongono la luce che attraversa il nostro obiettivo. Questo si traduce in immagini che presentano ai bordi dei soggetti frange viola oppure verdi. Diventa particolarmente visibile con diaframmi ampi, ma è possibile porvi rimedio attraverso software tipo Lightroom.

Clipping

Se scattiamo in raw possiamo porre rimedio ai clipping. Si tratta di punti sovraesposti o bruciati senza apparente disponibilità di dettagli. Se invece scattiamo in Jpg, questi dettagli andranno persi e non sarà più possibile recuperarli in post produzione.

Composizione

Con questo termine si intende la disposizione del contenuto all'interno del fotogramma. Nello specifico anche l'angolo di visione, la lunghezza focale e il bokeh assumono rilevanza in questo contesto.

Le fotografie ben composte si avvalgono di accorgimenti quali la regola dei terzi. In generale, per rendere l'immagine più dinamica, il soggetto viene posto in uno dei punti di intersezione delle linee della griglia presente nel mirino che suddivide, per l'appunto in terzi, il nostro fotogramma.

Fattore Crop

L'espressione "fattore crop" indica il rapporto fra la diagonale di un tradizionale sensore di 35 mm e la diagonale del sensore di immagini di una fotocamera digitale. Sono dette a pieno formato (full frame) le fotocamere che hanno un sensore di dimensioni pari al negativo 35 mm (fattore crop pari a 1), sono invece a formato ridotto quelli più piccoli (fattori di crop maggiore di 1). Il termine crop si riferisce al fatto che un sensore più piccolo registra, a parità di condizioni, un'immagine che corrisponde a una porzione interna (un ritaglio) di quella che sarebbe stata registrata da un sensore più grande.

L'effetto più evidente del fattore crop è che un obiettivo fotografico con una data lunghezza focale, applicato a un sensore più piccolo, restituisce un'immagine apparentemente "ravvicinata" (in realtà ritagliata) che, per angolo di campo, corrisponde a quella prodotta da un obiettivo di lunghezza focale maggiore.

Per esempio, un obiettivo con focale 50mm, applicato a un sensore di crop 1.6, produce un'immagine che ha un angolo di campo uguale a quella prodotta da un obiettivo di 80mm applicato a un sensore full frame.

Per questo motivo, il fattore crop viene anche impropriamente indicato come moltiplicatore di focale. L'affermazione è impropria perché, oltre all'angolo di campo, la lunghezza focale di un obiettivo ha numerose altre implicazioni, che non sono interessate dal fattore crop, o non in maniera proporzionale. Per esempio la profondità di campo (che è funzione anche della lunghezza focale) non è influenzata dalla dimensione del sensore. In altre parole non è letteralmente vero che l'immagine prodotta da un obiettivo di lunghezza focale f/50, applicato a un sensore con fattore crop 1.6, produce un'immagine uguale a quella prodotta da un obiettivo di lunghezza f/80 usato su una full frame: l'unica cosa uguale è infatti l'angolo di campo.

I modelli full-frame sono più costosi perché offrono una migliore qualità generale delle immagini, soprattutto ad alti valori ISO. Inoltre, gli obiettivi progettati per fotocamere full-frame sono in genere di qualità superiore.

Profondità di campo

In fotografia, la profondità di campo (talvolta abbreviato con l'acronimo PdC o DoF dall'inglese Depth of Field) è la distanza che intercorre tra gli oggetti vicini e gli oggetti lontani che appaiono nitidi e sufficientemente focalizzati nella scena, nonostante il piano focale sia uno soltanto. È controllabile da molteplici fattori tra i quali l'apertura, la lunghezza focale dell'obiettivo, la distanza dal soggetto e la dimensione del sensore digitale.

Nel caso tu ottenga un primo piano a fuoco con uno sfondo fuori fuoco (il cosiddetto bokeh), avrai una bassa profondità di campo. Nel caso contrario, cioè quando tutta l'immagine è a fuoco, hai una vasta profondità di campo (infinito).

Si utilizza spesso una bassa profondità di campo per i ritratti in modo da far risaltare il soggetto rispetto allo sfondo; viceversa, si utilizzerà una vasta profondità di campo quando si desidera ottenere un paesaggio a fuoco fino all'infinito.

Bokeh

Bokeh è un termine derivato dal vocabolo giapponese "boke", che significa "sfocatura". Come riferito sopra, consiste nel mantenere a fuoco esclusivamente il soggetto fotografato sfocando quanto più possibile tutto il resto, fino a renderlo indistinguibile, in modo tale da mantenere l'interesse di chi osserva totalmente focalizzato sul personaggio ripreso.

Angolo di campo

Si tratta del valore espresso in gradi che ci permette di capire quale sarà l'area che il nostro obiettivo è in grado di catturare.

Se scattiamo con un grandangolo, catturiamo un ampio angolo di campo. Di conseguenza avremo un'area maggiore rispetto a un teleobiettivo.

In sintesi, avvicinandoci a valori quali 24mm avremo modo di scattare fotografie grandangolari e sempre più ampie scendendo di valore. Aumentando invece a 200mm copriremo un'area meno ampia in termini di angolo di campo.

Gamma dinamica

La Gamma dinamica o Dynamic Range è la differenza tra le parti più luminose e quelle più buie di un'immagine. In sostanza la gamma di contrasto.

I nostri occhi hanno un'incredibile gamma dinamica (24 stop). Possono distinguere dettagli anche in situazioni di forte contrasto, dove una fotocamera andrebbe invece in crisi bruciando le alte luci oppure chiudendo eccessivamente le ombre.

In sostanza la Gamma Dinamica indica la capacità della macchina fotografica di distinguere dettagli contemporaneamente in aree chiare e aree molto scure della stessa scena.

Esposizione multipla o Bracketing

Il più delle volte il nostro obiettivo cattura un'immagine esposta correttamente, né troppo luminosa, né troppo scura. Ci sono tuttavia delle situazioni dove la macchina, causa un'ampia gamma dinamica, va in crisi. Con una esposizione multipla si può rimediare a questo problema. Questa tecnica ti permette per l'appunto di impostare sulla tua reflex una serie di tre fotografie con differenti esposizioni (una sottoesposta, una esposta correttamente e una sovraesposta), di modo da comprendere l'intero Dynamic Range. Gli scatti ottenuti andranno poi elaborati e sovrapposti con software tipo Lightromm o Photoshop.

Compensazione dell'esposizione

Con la compensazione dell'esposizione possiamo correggere la luminosità di un'immagine quando scattiamo in modalità semi-automatiche quali la Priorità di apertura, la Priorità di tempi o la Programmazione automatica (che sconsiglio caldamente).

Fate attenzione che se aumentate o diminuite i valori di esposizione dovete poi ricordarvi di resettarli poiché non viene fatto in modo automatico.

Istogramma

Praticamente tutte le macchine fotografiche digitali, dalle compatte economiche alle reflex, sono in grado di mostrarci gli istogrammi relativi alle foto scattate. Si può rivelare un potente e affidabile compagno di viaggio per il fotografo neofita, ma utile anche per i fotografi più esperti.

Ti permette di osservare i picchi di eccessiva luminosità o di scarsa illuminazione che potrebbero comportare dei problemi in fase di sviluppo. In altre parole, l'istogramma riordina i pixel di un'immagine dai più scuri (che si trovano sulla sinistra), corrispondenti alle zone d'ombra, ai più chiari (che si trovano sulla destra), corrispondenti alle zone maggiormente illuminate.

Una fotografia notturna, con prevalenza di toni scuri, avrà quindi di conseguenza un istogramma spostato sulla sinistra. Viceversa, un'immagine scattata in una radiosa giornata di sole avrà l'istogramma spostato sulla destra.

Nella maggior parte delle foto che scattiamo desideriamo ottenere un'immagine bilanciata. Non vogliamo zone sotto o sovraesposte. Tradotto in termini di istogramma, significa che i pixel della nostra fotografia devono essere distribuiti in maniera bilanciata all'interno dello stesso. A una foto esposta correttamente, corrisponderà un istogramma a forma di montagna. Mentre invece se ne otteniamo una sottoesposta, avremo un istogramma spostato verso sinistra, di conseguenza, da un'immagine sovraesposta, acquisiremo un istogramma spostato dalla parte opposta, cioè sulla destra.


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